mercoledì 29 maggio 2013

"Mamma ad alto contatto"

La pupa dorme e io dovrei approfittarne per riposarmi o fare qualcosa di proficuo in casa, ma, invece, ho voglia di scrivere...

Ieri sera sono stata definita "mamma ad alto contatto" e credo che questa definizione mi calzi a pennello, anzi ringrazio chi mi ha definita così, se mai mi leggerà.

Prima che Emma nascesse, pensavo di adottare metodi educativi basati sul distacco e sull'indipendenza, in modo che la bimba non si legasse troppo a me e diventasse "brava, educata, composta e mai capricciosa".
Tutto questo influenzata da conoscenti e modelli proposti dalla tv (vedi tata Lucia) e dalla società stessa.
Il momento del parto, invece, è stato un momento estremamente forte, denso di emozioni, sia positive, che negative e credo che sia stato in quel preciso momento che qualcosa in me è cambiato. Mi aspettavo che dopo la nascita, mi avrebbero lasciato la bimba per un paio d'ore, pensavo di poterla attaccare subito al seno e di stare un po' solo io, lei e il suo papà a goderci i primi istanti della sua vita fuori dalla mia pancia. Invece, non è stato così. Me l'hanno appoggiata un attimo sul petto e poi l'hanno portata via per i controlli di routine, ma non me l'hanno riportata dopo 10 minuti come sperato. Io ero ancora in sala parto a farmi ricucire (eh, sì... mi sono lacerata spontaneamente!) e quando mi hanno portata fuori, accanto alla sala parto, ho visto Marco tornare da me con la faccia preoccupata... "Cos'hai?" "Niente, sono solo stanco!" "No, non è vero, cosa c'è?" "...ho sentito che dicevano che devono fare degli esami alla bambina, una lastra!" "Beh, magari le hanno lussato la clavicola come è successo quando sono nata io, non ci preoccupiamo!"... Invece i minuti passavano e sentivo i dottori parlottare tra loro... Lì è sceso il gelo e sono scoppiata a piangere... di sicuro c'era qualcosa di più serio! Dopo qualche interminabile minuto, non so dire quanti, ma sembravano un'eternità sono venuti a parlarci "la bambina ha inalato del meconio (per chi non lo sapesse è la prima cacca dei bambini, che in teoria non dovrebbero fare nella pancia, ma a me hanno indotto il parto proprio perchè la piccola l'aveva fatta!) e ha un polmoncino abbastanza sporco, però respira, non so se l'avete sentita strillare... adesso la portiamo in patologia neonatale, per tenerla in osservazione!". Fatto sta che in patologia neonatale ci è rimasta 6 giorni, di cui 2 in incubatrice attaccata a dei tubicini che l'aiutassero a respirare. Risultato, il distacco c'è stato e non per mia volontà! Potevo visitarla sì quando volevo, ma a volte sembrava quasi di disturbare. Inoltre,  l'ho potuta attaccare solo il secondo giorno e la dovevo allattare ad orari imposti dall'ospedale, quindi nel tempo restante cercavo di riposarmi un pochino, in stanza da sola, senza la mia piccola al mio fianco. Insomma, non ho potuto assecondare da subito i suoi bisogni e se adesso me la immagino nella nursery dell'ospedale con altri quattro o cinque bambini e due infermiere a prendersi cura di loro, mi si stringe il cuore.
Tornate a casa, l'allattamento non è iniziato nel migliore dei modi e anche lì sono saltati fuori dei sensi di colpa: "Perchè non sono in grado di rispondere ai bisogni di mia figlia?" La risposta è semplice, perchè non ero stata aiutata a calarmi nel mio nuovo ruolo di mamma... Per fortuna, però, la situazione è stata ribaltata in poco tempo, proprio grazie alla persona che mi ha definita "mamma ad alto contatto" e a un'infermiera dell'asl. Queste due figure, seppure con modi totalmente diversi, mi hanno fatto comprendere cosa sia una "mamma ad alto contatto". Non c'è niente di più naturale che assecondare i bisogni dei proprio bambini e per farlo è sufficiente mettersi in ascolto. Sì, è vero... i neonati non parlano, ma sanno comunicare benissimo e se si ha il cuore e la mente predisposta a capire ed accogliere i loro segnali, non è poi così difficile dargli quello di cui hanno bisogno. Che poi non è molto: basta un po' di calore umano, il CONTATTO con la mamma, un gioco di sguardi, un linguaggio semplice, corretto, ma dolce... il cosiddetto "maternese"!
Pensiamo a un bambino che se ne sta bello beato nella pancia della sua mamma per nove mesi... è lì, al calduccio, coccolato e cullato in ogni istante... La mamma si accarezza la pancia e lui lo percepisce, gli parla, canta e non esiste altro che quella splendida voce armoniosa (per i nostri figli non saremo mai stonate!)... Poi a un certo punto viene "scaraventato" fuori dal suo nido, in un ambiente gigante, con odori, suoni, colori diversi a quelli a cui era abituato. Viene vestito, lui che se ne stava così bene nudo e immerso nell'acqua; viene messo in una culla, che pur calda, non ha l'odore della mamma e non lo tiene nella stessa posizione. Se pensiamo a un neonato da questo punto di vista, forse è più facile capire perchè ha bisogno del nostro contatto, di stare in braccio alla mamma, di essere toccato, cullato, di sentire quel profumo che gli è tanto famigliare... Perchè dovremmo ostinarci a lasciare un bambino a piangere da solo nella sua culla? Per renderlo indipendente? Come possiamo pretendere che un bambino sia indipendente a pochi giorni o a pochi mesi di vita? Un bambino è un bambino e come tale va accudito. Ma un bambino è anche una persona, seppur in miniatura, che ha dei bisogni che vanno ascoltati. Quando noi abbiamo fame, apriamo il frigo e mangiamo. Se ci scappa di andare in bagno, ci alziamo ed andiamo. Abbiamo sonno? Ce ne andiamo a letto. Siamo sporchi? Ci laviamo. Ci annoiamo? Accendiamo il pc, guardiamo la tv, prendiamo in mano un libro, facciamo una passeggiata. Un bambino non può fare tutte queste cose da solo, ha bisogno di qualcuno che sia in grado di rispondere alle sue necessità e che le assecondi.
Non credo sia utile creare bambini indipendenti a pochi mesi, lasciandoli nel loro lettino a piangere "tanto ha sonno, prima o poi si addormenta"... Certo, prima o poi si addormenta per sfinimento. Ma siamo sicuri che così facendo il bambino sia felice? Magari sarà il bambino più tranquillo del mondo, perchè è stato abituato a rispondere ai propri bisogni da solo, ma a lungo andare è davvero positivo?
Io non sono di questa idea... questo è il modello educativo occidentale, che vuole le mamme "libere dagli oneri" legati al bambino per avere più tempo per altre cose o per sé stessa e i bambini senza "vizi", autonomi, che non piangono. Personalmente, però, non credo sia il modello migliore. La naturalità dell'essere bambino qui viene a meno. Sono sempre più convinta che un bambino cresca davvero felice, indipendente, responsabile educato, rispettoso, aperto verso il prossimo e senza vizi se le sue necessità vengono ascoltate e soddisfatte. I bambini sono spugne e imparano da ciò che ricevono. Se imparano ad essere amati, ascoltati e rispettati, a loro volta saranno in grado di amare, ascoltare e rispettare. Inoltre, tempo per diventare grandi e indipendenti ce n'è fin troppo, il tempo per essere bambini, invece, è davvero poco. Quindi sono del parere che i bambini vadano trattati come bambini e non come piccoli adulti. Solo così si tireranno su adulti che non saranno bambini, perchè da piccoli non hanno avuto il tempo di esserlo.
La "mamma ad alto contatto", non è altro che il modo più naturale possibile di essere mamma. Forse è il modo più "animalesco" di esserlo, perchè noi siamo pur sempre dei mammiferi e, come tali, abbiamo degli istinti e dei bisogni, che la società in cui viviamo vuole toglierci in virtù di modelli creati artificialmente secondo standard culturali moderni. Credo, però, che un ritorno alla cultura dell'accudimento fisiologico e naturale non possa solo che far bene e migliorare un po' questo mondo freddo in cui viviamo.

Ci sono tante cose che ci definiscono come "mamme ad alto contatto"... ma credo sia bene approfondirle una alla volta. Stay tuned! ;-)

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